Pubblicato da: scudieroJons | 2 marzo 2015

Crepi l’astrologo!

Ogni volta che su un giornale o sulla rete vedo apparire le familiari immagini dello zodiaco che ingentiliscono l’oroscopo giornaliero o settimanale, mi torna sempre in mente quel passo del romanzo “I fiori blu” di Raymond Queneau, tradotto da Italo Calvino, in cui Russula, la giovane figlia del taglialegna, impalmata in seconde nozze dal Duca d’Auge, che dal primo matrimonio aveva avuto solo figlie femmine, chiede il permesso al marito per tenere un astrologo al castello.

– Nobile sposo, – disse Russula, baciandogli rispettosamente la mano, – ho da annunciarvi una notizia importante e gioiosa: state per avere un erede!
– Bravissima, mia cara. Chissà che faccia faranno ora i miei generi. Ma… ditemi un po’, gentile Russula, come fate a saperlo, che sarà un erede?
– Me l’ha detto un astrologo.
– Che astrologo?
– Un astrologo che ho consultato. E perché possa sorvegliare le stelle all’ora del partorimento, l’ho sistemato nel castello. Naturalmente con la riserva d’esserne amabilmente autorizzata dal mio nobile sposo.
– Accidenti, – bofonchiò il Duca, – e io che ho portato a casa un alchimista! Comincia ad esserci un po’ d’affollamento.
– La mia decisione non garberebbe al mio sposo? – domandò Russula, a occhi bassi.
– Ma no, ma no! Crepi chi dirà: crepi l’astrologo! Buona questa, eh Empoigne? Non ho portato qui con me il succo più distillato della spiritosità della Corte? Son qui che sprizzo spirito da ogni parte. Il Sire di Ciry non faccia troppo il furbo: gli abbasserò la spocchia bombardandolo di spiritosaggini. E il vescovo? Che sia introdotto il mio vescovo. Bisogna che gli presenti il mio alchimista. Dov’è l’alchimista? Che sia introdotto il mio alchimista! E il mio erede! già, il mio erede. Dov’è il mio erede?
Fa finta di cercare attorno a sé. Tamburella il ventre di Russula:
– E’ qua il mio erede. Sta qua nascosto. Mica male come nascondiglio. Ah, Russula, che gran piacere mi dai! Anch’io voglio darti un gran piacere.
– Vi ascolto, nobile sposo.
– Mi farò fare una statua. Una statua equestre, giuraddio. Sarà eretta davanti all’olmo, in faccia al ponte levatoio. Messere Francavilla m’ha fatto il ritratto. E’ un famoso scultore, questo Messer Francavilla, che ha qualcosa a che vedere con la statua del buon Re Enrico Quarto al Ponte Nuovo…
– Mi dispiace di non averla vista, sospirò Russula.
– Non aver paura, non scappa. Ti porterò a vederla per i prossimi Stati Generali. E non ci sarà molto da aspettare, perché la Regina Madre ha gran bisogno di quattrini e chiederà nuove tasse.
– Vi rendo grazia, mio nobile sposo, – disse Russula, con una riverenza.
– Stavo dicendo della statua. Io figurerò a cavallo, in sella a Sten, naturalmente, del quale Messere Francavilla ha fatto un ritratto assai fedele. Sten ne era soddisfatto; quando glie lo si mostrava, lui nitriva. A ritratto donato caval non guarda in bocca.
– Ah ah ah! – fece Empoigne.
– Avrà la sua statua anche lui, – disse a Russula il Duca indicando Mouscaillot. – Più piccola. Visto che c’ero.
Mica per lui, – e l’indicò di nuovo, – ma perché il bravo Stef non sia geloso.
– E a me, – disse Russula abbassando gli occhi, – Non me la fate fare la statua?
– Ebbene sì, moglie. Ci ho pensato. Nella nostra cappella, avrete una tomba magnifica, ancor più bella che la mia Elodia buonanima. Vi si vedrà scolpita in pietra. Per me, io scelgo il bronzo.
Poiché Russula accennava a inchinarsi, il Duca disse:
– Inutile ringraziarmi. Quel che è giusto è giusto. Ah, ecco l’astrologo, mi pare. Accosta. Come ti chiami?
– Per servirla, signoria, Dupont.
– E leggi nelle stelle?
– Per servirla, signoria.
– E ci hai visto che avrò un erede?
– Per servirla, signoria.
Il Duca si rivolse a Russula:
– E’ un po’ minchione, il vostro astrologo.
Riprese il dialogo con Dupont, in questi termini:
– Le hai guardate, le stelle, stanotte?
– Per servirla, signoria.
– E cosa t’hanno raccontato?
– Gloriam Dei, signoria, gloriam Dei.
– Tutto qui?
– Come, signoria? – esclamò l’astrologo con un bel movimento oratorio, – sua signoria non troverà mica che sia poco, la gloria di Dio.
– Per la gloriam Dei io ci ho già un vescovo che come competente della questione basta e avanza. Parlami piuttosto della tua specialità.
– Ho sentito la musica delle sfere.
– E che rumore facevano?
– Divino, signoria. Divino.
Il Duca, scoraggiato, si voltò verso Russula:
– E’ completamente idiota.
Tornò a posare la mano sul ventre della nobildonna e riprese la conversazione con l’astrologo.
– E di qua cosa deve uscire? Una vitellina o un erede?
– Un erede, signoria.
– Ne sei sicuro e certo?
– Gli astri non mentono.
– Però tu mica sei un astro. E gli uomini mentono sì. E’ diffusa, la menzogna, tanto diffusa che c’è scritta pure nei peccati del catechismo. Se Monsignor Biroton, vescovo in partibus di Sarcellopolis, fosse qui, te lo direbbe subito. E tu hai interesse a mentire. Hai trovato qui vitto e alloggio e te la godi a mie spese. Credevi d’esser cascato su un signorotto credulone come una donnicciola, – accennò a Russula, – e invece ti trovi di fronte un nobiluomo che passa sei mesi all’anno a Corte e alla Città Capitale, che prende la parola negli Stati Generali, e una volta che l’ha presa è difficile togliergliela, be’, insomma, Dupont, fuori dai piedi!

Avendo eletto Joachim d’Auge a mio modello comportamentale e morale molti lustri orsono, mi trovo pienamente d’accordo con lui nel ritenere tutti questi ciarlatani che pretendono di leggere il futuro nelle stelle degni di essere presi a calci fino a che non si tolgono il vizio. Non solo e non tanto quelli che tengono una rubrica fissa sui giornali, in cui dispensano alcune banalità che a detta stessa degli esperti non sono veri oroscopi, essendo troppo generici. Mi riferisco soprattutto a quelli che fanno le previsioni tenendo conto del giorno e dell’ora precisa della nascita, e che forniscono a pagamento un oroscopo personalizzato, completo di grafici e posizioni astrali. Per quelli ci vuole direttamente la galera, perchè commettono un reato grave quando a qualcuno tolgono il superfluo, e un reato gravissimo e odioso quando a qualche altro gli tolgono il necessario per vivere. Però faccio un’eccezione per Marco Pesatori, il quale scrive sul settimanale D di Repubblica, perché il suo non è un oroscopo, ma è un’installazione artistica a sfondo poetico. Forse lo faccio anche perché tratta sempre con grande benevolenza il mio segno zodiacale. Questa settimana, per esempio, scrive: “Settimana di gloria per i Gemelli, che sono folletti venuti sulla terra per ridere, saltare e capire tutto dei suoi abitanti.” Ogni tanto, dopo aver tratteggiato la personalità dei nati sotto un segno, o le loro capacità di interagire con il mondo, con pennellate di parole sempre immaginifiche, spesso sorprendenti, conclude con l’indicazione della canzone adatta ad ogni segno. Ne viene fuori una specie di jukebox  astrologico. Per farlo funzionare non occorre la moneta da cento lire: basta cliccare sul segno zodiacale.

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………………………. Ma non perdiamo di vista il Duca d’Auge. Vediamo come va a finire la storia dell’astrologo della Duchessa.

Russula si buttò in ginocchio supplicandolo:
– Nobile sposo, e io che ero così fiera d’avere un astrologo tal quale come la Regina Caterina. Pensavo al vostro prestigio… Al vostro status…
– Ma cara mia, – rispose il Duca perdendo un po’ la pazienza, – il fatto è che mi son portato dietro un alchimista dalla Città Capitale, anzi, esattamente da Arcueil. Non ho intenzione di mantenere un reggimento di negromanti. Tra i due, preferisco l’alchimista. Quando m’avrà trovato la pietra filosofale…
– Fumisterie! – esclamò Dupont.
– Tu, – disse il Duca, – non sei per niente un buon compagno. Sparlare dei colleghi è una cosa che non si fa. Non mi piaci mica.
Comparve Monsignor Biroton, seguito dall’abate Riphinte. Il Duca ricevette entrambi con grandi abbracci e spiegò subito la situazione al Vescovo, chiedendogli consiglio.
– Cacciateli tutt’e due, – disse Onesiforo.
– Subito esagerato! – esclamò il Duca. – Uno dei due lo voglio tenere.
– E io anche, – disse Russula.
Il prete era nei pasticci, si grattò la testa.
– Allora, – domandò il Duca, – tu cosa ne dici? L’astrologo? L’alchimista?
– Tutta roba che puzza d’eresia, – disse Biroton.
L’astrologo si rivolse a lui.
– Io sono un buon cristiano, – disse. – Non m’avete confessato voi?
– Questo è vero, – disse il Vescovo.
Il Duca era sempre più disgustato:
– Quanto può esser leccaculo, costui! Non mi piace per niente, è deciso.
– Che manchi di pietà non si può dire, – fece Onesiforo, – e dopo tutto guardar le stelle non è che sia peccato.
– Io anzi lo trovo così poetico, – sussurrò Russula.
– E Ser Dupont si guarda bene dal professare la dottrina eretica, – aggiunse l’abate Riphinte, – del polacco Copernico. Questo è già un bel merito.
– Il diavolo fa le pentole  ma non i Copernichi, – disse il Duca distratto.
– Ah ah ah! – fece Empoigne.
– Il sole gira intorno alla terra, – declamò l’astrologo, – pretendere il contrario è malizia e follia.
– Quanto ne sa! – risussurrò Russula. – Avrò un erede, non c’è dubbio.
– Cercano tutti di mettermi in mezzo, – mugugnò il Duca.
– L’alchimia è una ricerca oscura, – riprese Onesiforo che vedeva la partita vinta dalla Duchessa e dal suo indovino. – I fuochi dei crogiuoli evocano quelli dell’Inferno e il desiderio dell’oro merita la più severa condanna. Quanto all’elisir di lunga vita, mi ricorda che il demonio disse ai nostri progenitori: eritis sicut dei, consigliando loro di mangiare quella mela, di lunga vita anche quella, diceva…
– Hm… – disse l’abate Riphinte.
– …e quel che è successo in seguito lo sapete.
– Amen, – disse Dupont.
– Amen, – echeggiarono Russula, Empoigne e l’abate Riphinte.
Il Duca sta zitto, guarda storto l’astronomo, sta per perder la pazienza, ma non se ne fa ancora accorgere. Dupont, che crede l’affare fatto, si mette a perorare:
– O potenze celesti che reggete le fortune di questo mondo, io vi vedo apportare i vostri doni e le vostre benedizioni al sublime erede che sta per essere procreato dal colendissimo e illustrissimo Duca d’Auge…
– Come? – esclama il colendissimo e illustrissimo, – come hai detto?… sta per essere … Allora, donna, voi non siete punto incinta?
– Non lo sono punto ancora, nobile sposo, ma voi provvederete alla bisogna.
E Russula abbassa gli occhi e arrossisce di modestia.
Il colendissimo e illustrissimo Duca d’Auge salta alla gola di Dupont. Comincia a strangolarlo con le proprie possenti mani. L’astrologo sembra voglia espellere gli occhi dalle orbite e tira fuori una lingua palliduccia mentre Joachim gli notifica le sue rimostranze e lo informa del suo disprezzo per gli impostori.
Lo stringe con tutte le forze. Lo scuote sempre più forte. Russula si getta ai suoi piedi. Implora pietà.
Onesiforo domanda all’abate Riphinte di portargli gli utensili per amministrare l’estrema unzione alla vittima.
Il Visconte d’Empoigne si mantiene con fermezza in un’attitudine di prudenza estrema.
– A furfante! Ah furfante! – continua a ripetere il Duca mentre l’altro sta virando verso il viola.
– Grazia, nobile sposo! – reclama la Duchessa, – gli sia fatta grazia!
– Su, vediamo un po’, signor mio, – dice Onesiforo in tono di dolce rimprovero, – un po’ di moderazione; non avrò neanche il tempo di dargli i sacramenti.
Dupont è destinato a sopravvivere. Il Duca finisce per lasciarlo in vita. Lui cola per terra come formaggio fuso. Ci si affretta a spazzarlo via, mentre l’alchimista, entrato proprio allora, riverisce il padron di casa.
Il Duca manifesta la sua piena soddisfazione.

Anch’io sono soddisfatto, perché ho scelto l’alchimia, che adesso però non si chiama più così e non promette più di trasformare il piombo in oro e di fabbricare l’elisir di lunga vita. E’ diventata tecnologia, quella cosa che permette di vivere più comodamente e più a lungo a tutti, anche a quelli che dopo averne goduto i benefici storcono il naso, raccontando (ma chi gli crede!) come si stava bene quando non c’era niente di niente.


Risposte

  1. Hmmm… io dico che la tecnologia è buona cosa. Dico però che la tecnologia è una pessima cosa. Credo che la differenza stia nel come e quanto la si usa. E visto che le menti che usano la tecnologia in taluni casi non son proprio tarate bene, bisogna far attenzione a cantarne troppo le lodi. A volte è meglio che la si usi in sordina, o quantomeno è necessario trovare il modo per impedire alle menti bacate di usarla per scopi pessimi. E’ già successo e molti sono morti per questo e accadrà ancora, forse perché la tecnologia va veloce, molto più veloce dell’intelligenza umana, che deve evolvere ancora molto prima di aver imparato a gestire la tecnologia come andrebbe fatto. E a volte per imparare occorre partire da zero e disintossicarsi un po’, perché è utile guardare da lontano ciò che non si riesce a capire.

    • Se qualcuno vuole rimanere prigioniero delle contraddizioni, è libero di farlo. Per quanto mi riguarda, l’elogio della scienza e delle sue applicazioni tecnologiche dev’essere sempre chiaro e appassionato, perché gli uomini e le donne che lavorano per mettere al servizio dell’umanità i frutti della ricerca scientifica hanno il diritto di provare orgoglio per le proprie realizzazioni e di sentire attorno a loro la gratitudine dei beneficiari dei loro sacrifici. Soprattutto in tempi e luoghi nei quali il progresso scientifico viene osteggiato da coloro che lo vedono come una sfida alla divinità. La tecnologia non ha alcuna responsabilità per i danni che alcuni uomini arrecano ad altri uomini per mezzo dei suoi ritrovati. Sono il potere economico e il potere politico a portare il peso di questa responsabilità. E nonostante gli usi impropri, ancora oggi nel mondo c’è più gente che muore per mancanza o insufficienza di tecnologia di quanta ne muoia per abuso di tecnologia. Non si è ancora vista una tecnologia più intelligente di chi la fa, e forse non si vedrà mai. L’opinione secondo cui la tecnologia deve essere tenuta al riparo dalle menti bacate è pienamente condivisibile, ma la sua attuazione è quasi impossibile, perché per ciascuno di noi, nessuno escluso, le menti bacate sono sempre quelle degli altri. Chi decide di autoescludersi dall’uso della tecnologia si danneggia da solo, perché si mette alla mercè di chi si serve della tecnologia anche in modo improprio.

  2. Mi permetto di intromettermi anche in virtù delle mie doti di ubiquità virtuale (doti da poco e sostenute da espedienti tecnologici, mi rendo conto). Nessuno intende togliere meriti agli uomini e alle donne che lavorano per mettere al servizio dell’umanità i frutti della ricerca scientifica, ci mancherebbe. Ed i tempi bui durante i quali il progresso scientifico venne osteggiato da coloro che lo vedono come una sfida alla divinità forse è vero che non son passati, ma è anche vero che oggi giorno qualche passo avanti in tal senso lo si è fatto. Ma mai abbassare la guardia, mai smettere di rivendicare il diritto alla ricerca e alla conoscenza, su questo ti do ragione. Lungi da me fare un’operazione piuttosto ingenua qual’è qualla di responsabilizzare il frutto dell’intelletto umano come fosse un’entità astratta; la tecnologia non è responsabile e non ha meriti; i meriti e le responsabilità sono degli uomini che la tecnologia la utilizzano. Nemmeno il potere economico ed il potere politico sono entità astratte; il potere è in mano a degli uomini e più raramente a delle donne e sono questi che ne hanno la responsabilità. Il fatto che ci sia più gente che muore per la mancanza della tecnologia è frutto di scelte che individui, persona che sono al potere fanno, così come sono degli individui ben definiti, delle persone che hanno la responsabilità delle morti dovute all’abuso della tecnologia. Le responsabilità sono umane e in termini più ampi, le responsabilità sono anche nostre. La tecnologia forse non è più intelligente di chi l’ha prodotta, ma di certo è più veloce. Questo potrebbe non essere un male, come potrebbe diventare un male; dipende sempre dalle scelte che chi ha il potere per farle, sanno volgere l’utilizzo che se ne fa in direzione del bene o in direzione del male. Non sono daccordo sul fatto che per ognuno di noi le menti bacate sono sempre quelle degli altri; chi sa ragionare è anche consapevole dei limiti che gli sono propri e chi ha il potere per ragionare in nome di moltitudini di individui DEVE avere la medesima capacità di riconoscere i limiti entro i quali è doveroso rimanere al fine di agire nel modo migliore per tutti. Chi decide di autoescludersi dalla tecnologia è libero di farlo, perché viviamo in un mondo libero e questo mi rassicura sempre.

  3. L’ubiquità è una bella dote, fai bene ad esercitarla : ) Sorvoliamo sulle cose su cui siamo d’accordo e parliamo di quelle in cui lo siamo di meno.
    Intanto ci sarebbe da precisare che il post è contro l’astrologia e tutti i suoi derivati: occultismo, magia, spiritismo, divinazione, etc. E contro chi con queste cose inganna la gente. La tecnologia c’è entrata solo alla fine, perché ho espresso il mio compiacimento per il fatto che la scienza si è completamente liberata dall’aura magica che la circondava in passato. Non è che questi attacchi alla tecnologia nascono dall’intenzione di rendere la pariglia da parte di quanti si sentono toccati nel vivo per il biasimo rivolto all’astrologia, anche se non se la sentono di difenderla apertamente?
    Quando ho scritto menti bacate ho usato per comodità un’espressione non mia. In questi casi, gli “altri” non sono “tutti gli altri”, ma solo quelli che appartengono a un gruppo diverso da quello a cui apparteniamo noi. Quando ci fosse da decidere se una tecnologia deve essere usata o no, chi deve prendere la decisione? Quelli che la pensano in modo difforme dal nostro gruppo? Facciamo degli esempi. Chi deve decidere che per controllare le nascite ed evitare la diffusione di malattie si deve usare un prodotto della tecnologia come il preservativo? Chi deve decidere che per evitare di mettere al mondo bambini affetti da malattie trasmissibili geneticamente si deve fare prima l’esame degli embrioni per impiantare solo quelli sani? Chi deve decidere che per effettuare un’aborto terapeutico dev’essere usata la procedura più dolorosa e più umiliante invece di quella meno dolorosa che ci mette a disposizione la tecnologia? Ovviamente non vorremmo mai che un gruppo di persone che su questi argomenti la pensa diversamente da noi decidesse per loro e anche per noi. Se si arrogano il diritto di decidere per tutti, perché secondo loro alcune tecnologie sono pericolose, dobbiamo fargli perdere l’abitudine. Lo stesso discorso vale per gli OGM, i vaccini, i trapianti, ect.
    Questa è la comune tecnologia. Poi c’è la bomba atomica. Se vogliamo mettere fine a una guerra che ha già causato 70 milioni di morti, e minaccia di provocarne altri due o tre milioni, dobbiamo prendere in considerazione l’idea di usarla.
    Se qualcuno non ama questa tecnologia e vuole lasciarla agli altri, a quelli che non la pensano come lui, è libero di farlo, ma la sua tranquillità sarà solo illusoria.
    Ciao : )


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